Le dispute in qualsiasi campo, se suffragate da ragionevoli argomentazioni, possono portare poi a sintesi migliorative. In questo caso parleremo di canne da surf
• Mimmo Marfè
La qualità di una canna da pesca non deriva esclusivamente dai materiali di costruzione della stessa. Il risultato finale nasce non solo dalla distribuzione dei materiali ma anche dal tipo di accessoristica che si è deciso di utilizzare. Se per le canne che utilizzano mulinelli a tamburo rotante la disputa sulla dimensione degli anelli è meno condizionante grazie alla mancanza di effetto spin del filo in uscita, per l’altra tipologia esistono due diverse opinioni.
Il colosso FUJI
Uno dei maggiori laboratori di progettazione e realizzazione è sicuramente il nipponico Fuji. Ma tanta sperimentazione pratica è svolta sui sempre più diffusi campi di lancio sia per l’agonismo long casting, sia come semplice allenamento al lancio. Dalle personali esperienze dirette e di cronaca non sono mai stati osservati lanciatori di discreto e buon livello utilizzare per il mulinello fisso anellature di piccolo diametro anzi, in alcune nazioni dove è diffusa la pratica del long casting, molti atleti di vertice usano mulinello fisso abbinato a canne dagli anelli molto larghi. E parlando di anelli molto larghi parliamo di apicali che arrivano a 5 centimetri di diametro.
Probabilmente, ma è una personale opinione, è vero che l’anello piccolo tipo low rider con la sua struttura a tre ponti extralunghi stringe le spire di filo riducendo il rischio di rotture causate da accidentali cappi intorno all’anello, ma ciò comporta anche attriti non banali.
Ovviamente il problema delle eventuali spire troppo larghe che possono creare sbandamenti e appigli del filo sugli anelli è reale, ma con una disposizione non casuale degli anelli e adeguato diametro interno, questo problema viene facilmente superato.
Inoltre esiste un problema inerente il posizionamento degli anelli che riguarda principalmente le canne telescopiche: da più sezioni sono composte, maggiori saranno i problemi.
Quello dei punti di tangenza è una questione che riguarda qualsiasi tipologia di canna e maggiore sarà la flessibilità della cima, maggiori dovranno essere le attenzioni del montaggio degli anelli, al punto che le cosiddette canne da beach ledgering dovranno prevedere un numero di anelli sulla cima superiore a qualsiasi altro tipo di tele.
Se la nostra azione di pesca avverrà a distanze medie o corte, se il lancio non sarà pregiudiziale per la riuscita della battuta, se la canna è di quelle proprio economiche, allora la questione anellatura sarà sicuramente secondaria: ma se intendiamo sfruttare al massimo le possibilità che offre il nostro attrezzo allora molta attenzione al tipo di anellatura.
Proprio per la fuoriuscita del filo dal mulinello e il suo incanalamento tra gli anelli, sono fondamentali quindi: dimensione, posizionamento e qualità dell’anello più basso.
Nell’azione di recupero invece gli anelli che sono maggiormente impegnati sono l’apicale passafilo e l’anello sottostante ad esso. Potendo sarebbe preferibile acquistare canne non anellate e montare apicale e sottostante in S.i.C e di dimensioni non troppo ridotte.
Quest’ultima precauzione serve nel recupero quando il mare è sporco di alghe o altri materiali. Un contenuto ciuffetto di alghe bloccato sul nodo di shock, riesce a passare attraverso gli anelli di vertice di 10 o 12 millimetri.
La Fuji, che li ma messi sul mercato per prima, progettati e costruiti gli anelli, ha definito dimensioni e distanza tra gli anelli a prescindere dalla canna: essi necessitano del ring spacing dettato dalla Fuji altrimenti non funzionano a dovere.
L’azienda nipponica prevede due modalità di montaggio che spaziano tra i sette e i nove passanti.
Con questo sistema le spire del mulinello vengono immediatamente azzerate dal primo anello che fa molto attrito rispetto ad uno standard, ma poi negli altri anelli il filo passa praticamente senza toccarli.
Se si usano mulinelli adatti (non tutti i mulinelli vanno bene!!) si hanno prestazioni migliori o pari alle canne montate con anellature definibili normali.
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Mimmo Marfè
Giornalista, una vita vissuta in riva al mare. A sette anni le prime esperienze da riva con primordiali cannette in bambù, poi le prime telescopiche in fenolico. In Sardegna a fine anni 70 le prime esperienze dalla spiaggia e le prime catture mirate. La passione abbinata alla continua ricerca porta alla possibilità di poter elaborare modalità di pesca dalla spiaggia in ambito Mediterraneo. Da qui il primo libro “Surf Casting In Mediterraneo” edito come i successivi quattro dalla casa editrice Olimpia. Esperienze condivise sulle pagine del pioneristico Surf Casting Report, poi di Pesca in Mare e per decenni di Pescare Mare. L’approdo all’editoria digitale come naturale evoluzione della comunicazione con la consapevolezza che anche per me c’è sempre possibilità imparare.