Chi di noi non conosce la pesca a bolentino da natante, effettuata a scarroccio, indirizzata alla cattura di magnifici e rosei fragolini? Chi non ha pescato almeno una volta nella sua vita di pescasportivo a bolentino, magari quello effettuato a mano, dove la sensibilità e l’esperienza del singolo dettava legge.
• Gian Luca Magri
Chi di noi perlomeno una volta nella vita non ha avuto l’occasione di calare i tre braccioli nel profondo blu, innescando quei bei gamberetti così succulenti e irresistibili. Chi? Tutti. Ma proprio tutti hanno apprezzato questa tecnica facente parte della tradizione dell’arte della pesca, apprezzandone la bellezza e sportività, nonché il suo potere catturante. Già oramai da diversi anni, tra una variante e l’altra abbiamo trasportato questa tecnica che si sviluppava maggiormente su fondali di media profondità sabbiosi o fangosi, su fondali di profondità importante variabile tra i 50 e i 90 mt, profondità queste un tempo quasi inimmaginabili. Questo logicamente è dovuto all’evolversi dei materiali ed all’evolversi della tecnica diventata sempre più “tremenda”.
Abbiamo fatto un restailing al calamento portandogli delle modifiche sostanziali, mantenendo però costante il principio. Non più tre braccioli corti, costituiti da monofili dal diametro esagerato, ma bensì di lunghezza importante intorno in alcuni casi anche al metro. La rotazione di essi l’abbiamo affidata alle perline a 4 fori. Il montaggio sul trave esclusivamente e solamente grazie all’utilizzo della colla. Cose queste e non per essere ripetitivi, impensabili fino a qualche anno fa. Ma andiamo per punti. Abbiamo vagliato, durante questi ultimi anni un innumerevole numero di tipi di calamenti e l’unico che si è dimostrato efficiente al massimo, con un potere catturante davvero da guinness dei primati, si è rivelato quello che vedeva il sistema rotativo costituito dalla perla a 4 fori.che veniva posta tra due perline di battuta incollate sul trave. L’esca utilizzata, quasi esclusivamente il gambero di fascina, possibilmente vivo o ben conservato, ma niente e nessuno ci vieta di intercambiarla, alternarla con vermi del tipo americano, tremolina o a pezzetti di totano. La pesca a bollentino è una pesca veramente affascinante, sia per “l’incognita” delle prede che possono rimanere allamate in quanto si, la principale preda è il fragolino, ma a profondità più sostenute possiamo incontrare qualche bella gallinella, qualche bella tracinona, un bel cappone e qualche prelibata razza, sia per il modo in cui viene svolta.
Costantemente in fremente tensione con canna in mano, intenti a percepire i minimi movimenti del cimino, attenti a decifrare i messaggi che esso ci manda, pronti a scoccare la ferrata vincente.
Con questa tecnica possiamo attaccare qualsiasi tipo di fondale o secca a varie profondità. Abbiamo piacevolmente testato questo tipo di calamento anche su fondali superiori agli 80 metri con bellissime catture di paragoni e alcune razze. Ma dove si è dimostrato veramente “devastante”, sono le secche medio fonde, quelle che vanno dai 20 ai 45 metri, in cui i fragolini sono particolarmente attratti e sono quelli che maggiormente costituiscano i nostri carnieri. A molti di voi sembrerà una sorta di bufala quella di poter pescare a fondo grossi pesci utilizzando il bolentino, ma non è così, vi garantiamo risultati davvero stupefacenti. Grande aiuto ci è stato fornito dalle ditte specializzate nel settore che hanno messo a punto varie serie di canne specifiche per questa tecnica. Grazie a loro sono nate canne teleregolabili ad azione di punta a scendere, pronte e leggere, in grado di poter pescare anche utilizzando monofili abbastanza sottili, grazie alla loro azione di punta “addolcita”.
Ma torniamo a scandagliare punto per punto quello che è il calamento. Innanzi tutto partiamo dalla scelta della colla da utilizzare. Ottime in commercio di varie ditte oggi come oggi ci sono. L’importante che siano create per gomma e plastica. Il trave può essere tranquillamente costituito in monofilo di diametro variabile tra uno 0,28mm. e uno 0,35mm. Importante che non sia in fluorocarbon. Collocheremo sul trave i tre sistemi: perlina, perlina a 4 fori e nuovamente perlina, liberi di scorrere. Poi faremo due cappi agli apici in modo da impedirne la fuoriuscita e non solo. Ottimo per costituire più travi, oppure anche uno alla volta sicuri di rispettare le misure prescelte, sarebbe utilizzare un telaio, il quale potrebbe essere anche semplicemente costituito da un legno tagliato a misura con agli apici due chiodi su cui andremo ad agganciare il calamento alle due asole. Comunque in commercio abbiamo diversi telai perfettamente in grado di soddisfare le nostre esigenze.
L’incollaggio è un momento molto delicato e deve essere effettuato in maniera precisa, certosina. Posizionati i sistemi, incolleremo inizialmente una perlina allontanando la perla a 4 fori e la seconda perlina di battuta. Questo lo facciamo contemporaneamente a tutti e tre i sistemi.
Una volta che la perlina è esternamente secca, magari aiutandola con un catalizzatore, accosteremo la perla 4 fori e a circa 1/2mm la seconda che incolleremo. Per ben incollare, sicuri di non fare un bel “polpettone” consigliamo l’utilizzo di un ago, che ci permetterà di regolare perfettamente la dose di colla. Di solito utilizzando braccioli di lunghezza variabile tra gli 40 ed i 60 cm., quindi porremo i due sistemi a circa 50/70cm di distanza l’uno dall’altro.
Costituito il calamento, creeremo i braccioli. Essi saranno costituiti da fluorocarbon di lunghezza variabile tra i 40 ed i 60 cm e, ad un apice, faremo un nodino semplice che servirà da battuta alla perlina che infileremo in esso. Una volta a battuta con una gocciolina di colla bloccheremo il tutto. Una volta seccato il tutto, esso sarà pronto per essere infilato nella perla a 4 fori. Consigliamo di preparare un buon numero di finali di scorta ed in vari diametri, da avere sempre a portata di mano, per essere sempre pronti anche per eventuali variazioni.
I diametri più utilizzati vanno dallo 0,20mm ad un massimo dello 0,28mm. Ottimo se in fluorocarbon. Visto che pescheremo sul fondo, anche l’amo sarà discreto. Ottimo un bel n. 2 o, a seconda delle dimensioni dell’esca, un bel n.1. Di solito su ogni bracciolo collocheremo un amo. L’innesco alle volte può variare, comunque teniamo ben presente che il fragolino mangia sempre il gambero a partire dalla testa, quindi lo innescheremmo entrando dalla coda facendo fuoriuscire la punta da sotto la testa.
Il piombo sarà collocato grazie ad una girella al trave a circa 5/6 cm. dal primo sistema, per far si da renderlo del tipo “ad amo pescatore”.
Il piombo utilizzato va in base essenzialmente a due fattori; la profondità e il diametro del monofilo utilizzato in bobina. Di solito in presenza di un fondale di profondità variabile tra i 35/40mt., utilizzando un trave di monofilo dello 0,25mm, il piombo da adoperare si aggira intorno ai 70/80 gr.
Il piombo riveste un ruolo fondamentale in questa tecnica in quanto dovrà tenere ben fermo il nostro bolentino sul fondo in modo da far “sventolare” i nostri braccioli come bandiere al vento, facendo così lavorare perfettamente i nostri sistemi rotativi.
Come accennato ad inizio articolo, importantissimo è avvalersi di esche fresche o ben conservate, i gamberi vanno congelati in sacchetti da 2/3 etti mischiati a farina di granturco, in modo tale da non appiccicarsi l’uno a l’altro e principalmente in tal modo salveremo i gamberi ed i loro “baffetti” di cui il fragolino è particolarmente ghiotto.
Questa tecnica sta rinascendo, annoverando tra le fila dei suoi fans sempre più seguaci, tra questi molti che inizialmente ci vedevano, additavano come degli illusi, come coloro che andavano in mare ad inventare come diciamo noi in toscana, “l’acqua calda” in cerca di piccole e secondarie prede.
In questa tecnica un ruolo fondamentale lo rivestono anche lo scandaglio e il GPS. Il primo in particolare ci serve per ben individuare le secche o i rialzi dove il nostro grufolatore rosa si è posizionato. L’apparecchio che io utilizzo è il nuovissimo Solix series G2 da 12 pollici di casa Humminbird, armato di sonda Chirp. La visione del fondo che trasmette questo apparecchio è a dir poco fantastica e ci permette di ben interpretare e selezionare la zona di pesca. Essendo un multifunzioni, apriremo sulla stessa schermata anche una finestra da cui osserveremo il GPS. Con inserita la funzione “Traccia”, saremo in grado una volta “persi” i grufolatori rosa, di risalirla e riportarci in pesca nell’arco di pochissimi minuti. Ah, la tecnologia, che spina del fianco per i nostri pinnuti rivali.