Dopo aver parlato nella puntata precedente di quali tipi di ancore esistano in commercio, o perlomeno le più diffuse, vediamo ora come usarle nel modo corretto…
• Luciano Pau
Il Calumo
E’ inutile scegliere una buona e costosa ancora se poi non si prepara un adeguato calumo. Senza di esso la catena non “vive”… Esistono due tipi di calumo, uno realizzato interamente con la catena (meglio ancora se calibrata) e l’altro che miscela la catena ad una normale cima di adeguato diametro. Ovviamente la sola catena è garanzia di miglior presa sul fondale in quanto il peso maggiore di questo metallo mantiene meglio l’ancora in posizione orizzontale sul fondale. Anche in caso di mare mosso la catena ammortizza meglio gli strappi che riceve. Ovviamente i contro di avere solo ed esclusivamente catena a bordo sono: il peso ed il costo. 50 metri di catena costano ovviamente molto di più di 10 metri di catena e 40 metri di cima. Inoltre pesano molto di più e non su tutte le imbarcazioni è possibile imbarcare tale peso senza conseguenze negative per l’assetto. Un calumo misto, in questo caso, consentirà di avere a disposizione l’ultimo tratto a contatto con l’ancora di catena (quindi in grado di mantenere l’ancora perfettamente aderente al fondo), ma un minor peso da trasportare durante la navigazione.
Scegliamo l’area
La scelta dell’area ove ancorarsi è determinante per rilassarsi ma anche per la sicurezza propria e della propria imbarcazione. Se si ha disposizione un cartografico o semplicemente una carta nautica, cerchiamo di scegliere a priori l’area dove ci si andrà ad ancorare, in base al tipo di fondale ed alla sua profondità. E’ inutile ipotizzare di ancorarsi su di un fondale profondo 100 metri se sappiamo di avere a bordo un calumo che al massimo arriva a 60 metri. Stessa cosa dicasi per la tipologia di fondale. Se abbiamo optato per un’ancora da sabbia, evitiamo, per quanto possibile, di andare a cercare un fondale roccioso o viceversa. Con i moderni ecoscandagli è più facile capire che tipo di fondale c’è sotto di noi oltre che la profondità e pertanto le possibilità di errore diminuiscono. Inoltre se la giornata è ventosa, cerchiamo di scegliere un’area adeguata protetta dal vento, onde evitare di trascorrere il tempo all’ormeggio con il patema d’animo che il vento e la corrente ci facciano spedare “il ferro”. Teniamo poi conto di eventuali distanze dalla costa, dagli scogli o da altre imbarcazioni anch’esse all’ancora e ricordiamoci, se di notte, di accendere la luce 360° di fonda, che allerterà altri scafi in transito sulla nostra presenza. Inutile sottolineare che va verificata anche la possibilità o meno di ancoraggio in quella data area, ossia se ci sono o meno limitazioni previste dalle Autorità locali (aree protette, relitti, aree pericolose o militari, etc.).
Il tipo di ancoraggio
Trovata l’area è il momento di passare a quale tipo di ancoraggio effettuare. Se siamo in quell’area per trascorrere qualche ora è un conto, se dobbiamo ipotizzare di trascorrervi la notte, è un altro. Se sostiamo per quache ora, per pranzo o per fare il bagno, avremo modo di avere costantemente sotto controllo gli spostamenti dello scafo e verificare, a vista o attraverso gli apparati di bordo, eventuali arate dell’ancora sul fondale. Se l’ancora non fa presa c’è tempo e modo per rimediare. Se invece la sosta prevede un pernotto, beh, a meno che non si voglia ipotizzare una turnazione di guardia, è bene porre il doppio dell’attenzione all’ancoraggio. Già di notte la visibilità viene meno, così i punti di riferimento a terra, distanza dagli scogli o da altri scafi e via discorrendo, eppoi se vogliamo riposare tranquilli… Vediamo quelle che sono in generale le regole per effettuare un corretto ancoraggio in rada. Ricordiamo innanzitutto che la manovra va fatta al minimo e che sarebbe bene effettuarla almeno in due persone di cui, una si occupa di guidare la barca e l’altro di ancorare, a meno che si disponga di verricello elettrico comandabile dalla console. Anche in questo caso però ritengo che l’ausilio di un membro dell’equipaggio a prua che controlli la corretta calata dell’ancora sarebbe opportuno. A questo punto se c’è vento o corrente cerchiamo di mettere la prua controcorrente o controvento, valutando chiaramente la distanza che potrebbe intercorrere tra il punto di ancoraggio ed il primo ostacolo a poppa (la costa, una scogliera o un’altra imbarcazione), dopodichè caliamo l’ancora lasciandola depositare sul fondale. Quando l’ancora raggiunge il fondale non è finita. A questo punto occorre metterla “in sicurezza”, continuando a filare il calumo ma nel contempo andando a marcia indietro lentamente. La manovra a lento moto è importante per non trascinarsi dietro l’ancora vanificando il tutto. Dovrete sempre tenere d’occhio (o far tener d’occhio al vostro aiutante), il calumo in acqua. Questo dovrà sempre essere ben teso, ma non troppo da identificare un “trascinamento”. Caliamo almeno tre/quattro volte il calumo rispetto alla profondità del fondale o addirittura è bene arrivare a sei se il vento o la corrente sono forti e soprattutto non va lasciata incustodita la barca con queste condizioni, se non prima di aver verificato per un po’ di tempo la reazione dello scafo all’ancoraggio appena effettuato, neppure per un breve bagno. Alcuni amano per sicurezza rinforzare l’ormeggio con una seconda cima tirata a terra (se la costa non è troppo distante), il cosiddetto tonneggio, ma questa manovra dovrà essere esclusivamente praticata in condizione di assenza di vento, onde evitare un’anomala sollecitazione delle strutture dello scafo, forzatamente tenuto fermo. L’ideale è comunque sempre il cosiddetto “ormeggio alla ruota”, che avviene lasciando libera l’imbarcazione di girare su un unico perno (rappresentato dall’ancora) a seconda di come spira il vento.
Spedare un’ancora
Non sempre un’ancora che tiene perfettamente significa ancoraggio perfetto. Meglio, non sempre i problemi sono risolti, perché tale ancoraggio riuscito bene potrebbe ritorcersi contro di noi. Quando? Il momento di salparla e di spedarla dal fondo con cui l’abbiamo saldamente unita. Solitamente non ci si accorge subito di aver incattivato l’ancora. Per i primi metri il calumo scorre libero tra le mani o nel verricello elettrico, poi, ad un certo punto, il verricello si blocca e non salpa più o le braccia vengono meno. Che cosa è successo? L’ancora può aver incontrato un ostacolo che l’ha bloccata. Può trattarsi di uno scoglio all’interno del quale si è infilata una marra, un qualche cosa che giace sul fondo (ricordate che i nostri mari pullulano di ricordini lasciati da nostri simili), Sta di fatto che siamo bloccati li’. A questo punto occorre fare ripetuti tentativi senza però rischiare di bruciare il verricello elettrico o, se il fondale lo permette e se si è subacquei, tuffarsi e risolvere a mano il problema. Per evitare tutto ciò sarebbe utile far uso dei salvaancore, un’evoluzione tecnica del vecchio sistema di legare una cimetta al diamante dell’ancora, in modo da poterne effettuare il recupero in caso di incaglio. In questo caso, portatisi sulla verticale dell’ancora incattivata, si potrà tirare la cimetta del salvancora spedandola per effetto di un movimento contrario alla sua naturale trazione.
Il fondale
I fondali più tipici per le nostre coste sono quelli sabbiosi e quelli rocciosi, cui si aggiungono in alcune specifiche aree fondali fangosi e fondali coperti di posidonie. Sicuramente quelli sabbiosi e fangosi sono quelli che, se l’ancora prende bene, ci offrono una buona tenuta ed uno spedaggio sicuro. Affondano le loro marre nel fondale e fanno presa. Quando le recuperi, rilasciano abbastanza facilmente il “ferro”. Più imprevedibili sono i fondali rocciosi, perché se da un lato offrono una miglior garanzia di tenuta vista la loro consistenza, dall’altra hanno molti punti di appiglio, fessure e quant’altro che possono bloccare le marre ed impedirne o renderne comunque difficoltoso il recupero. Anche il fondale con le alghe (posidonie) può rappresentare un pericolo in quanto, alcuni tipi di ancore tendono a scivolarci sopra senza “prendere”.
Il verricello elettrico, una mano in più…
Alla fatidica domanda: “monto il verricello elettrico o no?”, viene da rispondere: “dipende da quanto piace faticare o meno…”, ma non è solo così. Dipende infatti da tanti fattori, in primis dalla grandezza dello scafo e di conseguenza dalle dimensioni dell’ancora adottata. Più calumo (in particolare catena) c’è, più pesa e più si fatica, più l’ancora è pesante ed idem. E’ ovvio che se c’è la possibilità, anche economica per carità, su di uno scafo da almeno 6,50 in su io lo monterei. Il solo calare ed issare un’ancora a mano per più volte al giorno, su fondali intorno anche solo ai 30 metri, è una buona palestra. Pertanto un “aiutante elettrico” è gradito a fine giornata. Ne esistono con varie potenze di motore e di trazione, che possono issare e calare solo catena o calumo e catena. Si possono comandare sia da prua attraverso degli appositi pulsanti oppure dalla console attraverso un interruttore o remote control. Possono risultare molto comodi a chi capita di navigare o andare a pesca da solo, perché è autonomo anche in quest’operazione. Oltre alla potenza, occhio alla velocità di recupero e a quella di tiro massimo, che offrono maggiori garanzie di recupero in ogni situazione.