Mai nome è stato più esaustivo. E’ palese che per vasche del vivo s’intendano contenitori a bordo atti a conservare ma soprattutto a mantenere in perfetto stato di salute il contenuto.
• Luciano Pau
Che sia presente a bordo in forma strutturale, in quanto progettata direttamente dal cantiere che produce lo scafo, o che si tratti di una soluzione studiata come optional, o ancora adattata alle esigenze del pescatore, la vasca per il vivo è da considerarsi un qualche cosa che a bordo di chi pesca non dovrebbe mancare mai. A meno che non ci si dedichi esclusivamente alla pesca con gli artificiali o con esche morte e surgelate! Gli amanti della traina con il vivo in particolare, dopo tanta fatica trascorsa a reperire le esche da innescare, sanno l’importanza di mantenerle nel miglior stato di vita possibile. Altrimenti di che pesca con il vivo si tratterebbe? Il vivo deve pertanto essere ricoverato in appositi contenitori atti a conservarlo nel migliore dei modi, anche per un bel po’ di tempo, visto che non si sa quando l’esemplare verrà scelto per l’innesco, soprattutto quando di vivo si è riusciti a rimediarne un bel po’. Che si tratti di aguglie, di calamari, di seppie, di gamberetti, di piccoli sgombri o chi più ne ha più ne metta, sarà necessario creare un ambiente consono a loro. Diventano importanti le forme delle vasche per far si che si possano muovere abbastanza liberamente ed in modo naturale, ma in particolare diventa importante il ricircolo dell’acqua, l’ossigenazione di quella contenuta nella vasca, quella che l’esca viva filtra per respirare e quindi vivere.
Il segreto principale infatti è che quando l’esca sarà scelta per l’innesco dentro la vasca (ahimè per loro), dovrà essere in ottimo stato di salute, e mantenere vitalità ma anche e soprattutto un comportamento al naturale, come se non fosse attaccata ad uno o più ami che la trattengono. Ora, il problema di mantenere in vita un’esca viva per breve tempo si può ovviare, in condizioni di emergenza, anche semplicemente con un secchio riempito di acqua di mare in cui immergere l’ospite temporaneo. Però ripeto, se l’ospite dovrà rimanerci per un tempo molto breve. Altrimenti il rischio sarà che l’ospite muoia per mancanza di ossigeno, abbondantemente consumato durante il periodo di stazionamento, anche se di tanto in tanto si provvede a buttare qualche secchiata d’acqua fresca al suo interno. Però un altro problema legato strettamente al secchio è quello del poco spazio disponibile. In particolare ad alcune esche vive è necessario dare loro la possibilità non solo di respirare, ma anche di muoversi con una certa libertà. Immaginate un’aguglia, con la sua conformazione aghiforme, ospite in un secchio? Rischierebbe di anchilosarsi stando ferma e non muoversi più con naturalezza post innesco, vanificandone il sacrificio. Discorso diverso per altre esche, come ad esempio sugarelli e cefaletti, più resistenti e meno esigenti in fatto di spazio e movimento. Quindi come deve essere una vasca per il vivo giusta? Deve in primis tener conto del comfort dei “futuri ospiti” e poi essere ossigenata regolarmente. Nelle prossime puntate andremo a vedere alcune forme, dimensioni e come è bene che siano locate a bordo, ma non solo, esamineremo infatti i sistemi di ossigenazione e di ricircolo dell’acqua. A presto…