Sveglia alle ore 1,30, un caffè per darmi quel poco di carica per salire in auto, imboccare l’autostrada che da Roma porta in Toscana e via. Io e la mia attrezzatura fotografica ed il mio taccuino per annotare quanto accadrà oggi.
• Luciano Pau
Sto andando al porto di Talamone, dove ho appuntamento alle 4,00 con Lorenzo Musu e con Matteo Gianni, in arte il Crimi (abbreviativo de Il Criminologo), non perchè lo sia, ma da quanto mi racconta, per la sua capacità di risolvere un sacco di situazioni complesse ed in vari campi. Bene, lo scopo di questa mia trasferta è di andare a praticare la pesca da bolentino di profondità, in un’area geografica a Matteo ben nota e da lui spesso frequentata con ottimi risultati. Si trova all’Argentario, in un’area di cui per correttezza non daremo le coordinate ma compresa tra l’Isola del Giglio e quella di Giannutri, ed andremo alla ricerche di pesci di fondale, un fondale che si aggira tra i 150 ed oltre i 200 metri. Sono puntualissimo e, tempo di parcheggiare l’auto nel Porto di Talamone ecco che vedo arrivare in prossimità del distributore di carburante in banchina il gommone di Matteo con Lorenzo già a bordo. Il gommone è un nuovissimo Joker Boat Coaster 650 Barracuda, la versione studiata per la pesca dal Cantiere lombardo, attrezzato di tutto punto con T-Top, vasche del vivo, del pescato, portacanne disseminati un po’ ovunque ed in console un potente Humminbird Helix 12 CHIRP DS GPS. E’ buio pesto ma la temperatura è gradevole visto il caldo diurno dei giorni precedenti e pertanto, mentre navighiamo verso l’hot spot, facciamo anche il pieno di frescura che di li’ a poco ci tornerà utile. Le miglia da percorrere sono una trentina ma ci aiutano le prestazioni offerte dallo Yamaha F200 montato a poppa, che spinge tanto, disturba poco e che, alla fine, scopriremo “consumare anche poco”, il che rappresenta la ciliegina sulla torta. All’estremità di prua svetta anche un motore elettrico Minn Kota, che sarà la nostra “ancora” per tutta la giornata.
Arriviamo sul punto di pesca che sta albeggiando, e ci godiamo questo splendido quadro cromatico offerto dalle Isole che si staccano in silhouette, Matteo mette in acqua il Minn Kota, gl’impartisce istruzioni di ancoraggio virtuale attraverso il telecomando e si cominciano a preparare canne, terminali ed esche.
Attrezzature ed esche
Per questo tipo di pesca oggi vengono usate delle canne a marchio Trabucco, le Heraklion Pro Deep 500, potenti ma allo stesso tempo molto adatte per la pesca di profondità, che richiede flessibilità nell’impiego e vettini sensibili per segnalare prontamente gli attacchi alle esche da parte delle prede che si vanno ad insidiare. Vengono usati per questa battuta di pesca dei mulinelli elettrici, che aiutano palesemente nella fase di calata in profondità delle lenze con tanto di piombo ed esche, ma soprattutto nel recupero che, proprio perchè avviene a profondità importanti, evita sforzi a mano e costante progressione di recupero vista la possibilità di modularne la velocità. Montiamo un filo dello 0,80 mm, particolarmente potente e resistente visto che non sappiamo ciò che si troverà a fondo, che termina con un piombo da 500 grammi e 4 braccioli distanziati tra loro di 30 centimetri che si estendono per 15 centimetri ognuno realizzati con filo dello 0,52 mm, terminanti con ami 1 1/0. I braccioli vengono fissati al terminale con delle clip beads della Stonfo, rapide ed efficaci.
Come esca inneschiamo delle alacce, parenti strette delle sarde, che vengono trapassate dagli ami e poi, onde evitare che nella fase di calata si possano sfaldare, o con il primo attacco di qualche preda perderle, vengono legate con il classico filo elastico.
La fase di pesca
Dopo aver dato un ultimo colpo d’occhio allo strumento in console, Lorenzo e Matteo fanno delle prime calate su di un fondale di circa 180 metri, cercando di capire corrente e situazione pesce che, per la verità, vediamo ben presente grazie alle marcature che appaiono sul display. Neppure il tempo di toccare il fondo e subito entrambi i vettini segnalano degli attacchi. Pronta ferrata, che deve essere decisa vista la profondità su cui si lavora e subito si sentono gli strappi che le prede allamate tendono a dare cercando la via di fuga, impedita loro dall’amo conficcato nel labbro. Si mettono le canne nei portacanne a murata e si avviano i mulinelli elettrici, controllando sui display la risalita dei terminali, che si arresta intorno ai 2 – 2,5 metri dalla superficie. Vengono allora estratte le canne dai loro supporti e la parte finale del recupero viene effettuato a mano con le manopole dei mulinelli. Pian piano le prede si avvicinano alla superficie e capiamo subito che si tratta di Pezzogne o Occhioni, uno sparide che può anche superare i 70 cm., mentre su di un finale è rimasto attaccato un pesce sciabola (o spatola o bandiera a seconda delle zone) che slamiamo e rilasciamo prontamente in quanto ancora “giovane”. A differenza delle Pezzogne in taglia, ossia quelle che superano i 33 centimetri, le altre vengono subito slamate e rimesse in acqua, dando loro la possibilità di crescere, riprodursi e magari un domani, di ripresentarsi agli ami di qualcuno per un sano combattimento. La giornata è molto calda e ad un certo punto rimpiangiamo molto la frescura di questa mattina durante il trasferimento via mare. La pesca prosegue ininterrotta. S’impiega più tempo a preparare i finali che non a calare e recuperare il pescato che è molto abbondante. Però ripeto, nel rispetto totale si cerca di trattenere solo quanto in taglia e per un quantitativo ad personam come previsto dalla normativa vigente. Il resto è puro divertimento con rilascio. Ad un certo punto Matteo si avvicina al display in console e ci avvisa che ci sono marcature importanti in profondità. Si tratta di tonni sicuramente. E’ inevitabile, il richiamo del grande predatore è troppo forte, così vengono lasciate per un attimo le due canne da bolentino e si montano rapidamente altrettante canne da drifting. Si calano le lenze, una a 50 metri e l’altra a 70 metri di profondità circa e si comincia a pasturare con le sarde, tagliate con le forbici a tocchetti. Si seguono le risalite dei tonni che inseguono la pastura e poi, ad un certo punto, il suono che fa sempre rabbrividire un pescatore: lo stridio del mulinello che rilascia filo tirato dal tonno. E’ in canna! E’ Matteo che va in strike ed in recupero. Monta la cintura e comincia a pompare. Su e giù, su e giù recuperando nel frattempo filo e tonno. Alla fine si scorge la sagoma brillante del tonno a meno di dieci metri dalla superficie. Ci siamo! Il tonno è a galla ma è fortunato, non è tempo di catture e pertanto dopo aver tentato di slamarlo, onde evitare di stressarlo ulteriormente Matteo taglia il filo ed il tonno se ne va per il suo mare. Evvai…. Ma nel frattempo parte anche la seconda canna. Questa volta ci pensa Lorenzo. Indossa lui la cintura e ripete esattamente tutte le fasi percorse poco prima da Matteo. Anche in questo caso dopo un po’ di lotta il tonno viene a galla e rilasciato. Lo si saluta come si fa tra amici che hanno giocato per un po’ insieme e si decide di posare le canne pesanti per tornare alla pesca per cui si era venuti, mirando a qualche altra specie di fondo, che potrebbe essere uno scorfano, oppure una cernia. Abbiamo superato le prime ore pomeridiane, peschiamo da ben otto ore ma se si volesse dare ascolto alla voglia non si smetterebbe neppure ora. Il buon senso fortunatamente prevale. Si torna a casa. Si ritirano le attrezzature, si mettono le Pezzogne catturate in ghiacciaia, si solleva il Minn Kota e si mette in moto il motore principale. Via, con la velocità il caldo si sente poco ed è già un sollievo, s’imposta la rotta su Talamone e dopo breve, ad oltre 35 nodi di velocità siamo in prossimità del porto. Ormeggiamo, scarichiamo tutte le attrezzature, le ghiacciaie e ci salutiamo. Una bella giornata, una bella pescata, una bella esperienza vissuta con Lorenzo e con Matteo, il criminologo…. Assolutamente da ripetere, il prima possibile!