Da questo mese inizia la nostra collaborazione con Marco Rasicci, di cui troverete scheda in calce all’articolo. Un appuntamento mensile con le tecniche da lui praticate…
Dal Vertical Jigging al Light Jigging un percorso ed una trasformazione delle pesche verticali
• Marco Rasicci
Sono ormai trascorsi più di dieci anni da quando importammo dal Sol Levante una nuova tecnica di pesca: il suo nome era Vertical Jigging.
Una tecnica veramente innovativa per noi pescatori tradizionali, in quanto comportava l’impiego delle esche metalliche da far “vivere” con movimenti muscolari e pertanto impegnativa a livello fisico.
Questa tecnica consisteva nell’utilizzo di canne dai 6 fino ai 7 piedi, accoppiate con mulinelli fissi molto potenti o rotanti, derivanti dalla traina.
Era sempre allora che si iniziava ad usare il primo filo trecciato con diametri molto generosi che partivano dai 30lb.
Cominciammo così a conoscere le prime giunzioni Trecciato -Fluorocarbon, ad usare gli split ring ed i solid ring.
E da lì in poi cominciammo anche ad attaccare nuovi strumenti da pesca: i Metal Jig.
Ma che cos’era il Metal Jig?
Per noi pescatori che avevamo sempre usato esche naturali, altro non era che un mero pezzo di metallo dai colori naturali o sgargianti a forma di goccia o lunghe lame di acciaio un po’ panciute, che in natura non avevano a che fare con nessun pesce. Il Metal Jig, questo sconosciuto che da lì a poco sarebbe diventato un compagno insostituibile, ed il suo nome un gergo comune fra i pescatori di ogni fascia d’età, veniva armato alla sua estremità con i primi ‘assist’, ami molto generosi nelle misure e con dei cordini che li congiungevano ad un cerchietto metallico: il solid ring.
Nuove attrezzature da pesca, nuovi sistemi pescanti diedero vita ad un carosello delle pesche verticali, in quanto furono il propulsore di un nuovo modo di pescare, da cui partirono poi tutta una serie di tecniche che verranno successivamente estremizzate con attrezzi sempre più leggeri e performanti.
Nei primi anni fummo letteralmente travolti dallo stupore e dalla meraviglia di catturare con queste esche artificiali predatori quali dentici, ricciole e cernie che, fino a quel momento, avevamo sempre insidiato con esche naturali e vive, come calamari, sgombri e sugheri. Eppure era così, si catturavano quei magnifici predatori con un semplice pezzo di metallo…
Con il passare del tempo però, le catture si ridussero, e ciò che sembrava una rivoluzione ebbe invece una flessione contraria.
Tutti i pionieri e i folgorati dalla tecnica del Vertical Jig, cominciarono ad abbandonare tale tecnica per due motivi principali. Uno perché era stancante fisicamente da praticare e l’altro per i costi dell’attrezzatura, tra cui degli artificiali, che non trovarono più ne’ il consenso, ne’ il successo fra i pescatori.
Fu allora che cominciarono le prime trasformazioni, anzi le prime esplorazioni verso nuove discipline legate sempre al ‘mondo vertical’.
Trasformando una tecnica faticosissima e ad un certo punto anche poco redditizia, in un nuovo movimento verticale.
Il Light Jigging, il Kabura, l’Inchiku, furono i nuovi nomi che fecero la loro comparsa sul mercato. Si trattava di piccoli Metal Jig arricchiti con octopus o polipetti siliconici glow, o con gonnelline di gomma o filamenti fluorescenti; esche dedicate alla ricerca dei grufolatori di taglia e dei predatori.
Dopo qualche anno importammo dal Sol Levante (fucina innovativa per le tecniche di pesca con esche artificiali), lo Slow Pitch o, per i più nostalgici, lo Slow Jigging. Si trattò di una vera rivoluzione, perché era una tecnica molto lenta, meno stressante fisicamente, e praticata con attrezzi super leggeri e con risultati sin da subito buoni.
Si cominciò a calare sul fondo esche dalla forma molto panciuta e simili ad una foglia, con grammature varianti dai 120 ai 250 grammi, le cosiddette ‘blatte’, che negli anni hanno subito anche delle notevoli variazioni per ciò che concerne forme e pesi.
Lo sviluppo dello Slow Pitch ha portato all’impiego di esche sempre più performanti, le cui forme e colori hanno stravolto l’immaginario collettivo del pescatore.
Ciò che è da sottolineare, è la pescosità di questa tecnica, in tutte le fasce d’acqua, andando ad insidiare sia i grufolatori che i predatori del fondo, ma anche i predatori che normalmente stazionano a mezz’acqua e fino in superficie.
Questo fu il nuovo punto di partenza per un’ulteriore mutazione degli artificiali che, mantenendo le stesse forme e colori di quelli da Slow Pitch, adottarono armature con misure più leggere. Era nato il Light Jigging!
Una pesca verticale leggera, che impiega blatte dai 40 gr. fino agli 80 gr. massimo, con la possibilità in casi estremi ed in presenza di forte corrente marina, d’innalzare il peso fino a 100 gr.
Una pesca divertente con la quale si possono insidiare piccoli predatori ed in fondali meno impegnativi, senza escludere però la possibile ed inaspettata ‘sorpresa’. E questo perché può capitare d’imbattersi in un grande predatore attratto proprio dalla leggerezza e dalle piccole dimensioni di questo tipo di artificiali.
E vi posso garantire che il divertimento e l’adrenalina saranno onnipresenti durante la vostra giornata di pesca.
Alla prossima…
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Marco Rasicci
Appassionato di pesca in mare praticamente da sempre, Marco Rasicci è, oltre che una guida di pesca IFG https://www.instagram.com/rasixfishing_official/?hl=it , un professionista nel settore della promozione di prodotti ed articoli per la pesca. Tale attività lo ha portato a diventare un punto di riferimento per molti appassionati ed a maturare una conoscenza di settore molto ampia. Testimonial di alcuni dei più importanti brand del mercato nazionale ed internazionale del settore pesca, accessori ed abbigliamento tecnico, collabora da anni con loro al fine di progettare prodotti sempre nuovi. Tra le tecniche praticate: traina con il vivo, tecniche verticali, slow pitch jigging, Tenya, Inciku, Tai Ruber, traina ai calamari e spinning sulle mangianze.
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