Guardando gli impianti elettrici di alcune imbarcazioni viene da dire, parafrasando una nota pubblicità: “Allestitore fai da te? Ahi, ahi, ahi….”
• L.Pau in collaborazione con ElectroWave
L’impianto elettrico di bordo, com’è noto, è un po’ il cuore dell’imbarcazione o del gommone che sia. E lo è sempre di più se consideriamo che ormai tutto passa attraverso l’elettronica alla quale necessità alimentazione elettrica. Che si tratti di una semplice luce di via, di una tromba, di un apparato multifunzione, stereo, VHF e chi più ne ha più ne metta, senza corrente a bordo, o con un cattivo funzionamento dell’impianto, tutto può andare in tilt. E se ciò accade in mare, al largo o poco prima di una vacanza, sono veramente dolori. Per questo motivo sono andato a trovare Marco Scippa di ElecroWave, uno specialista del settore. Ha sede a Roma ma la sua notorietà e soprattutto la sua professionalità, lo hanno reso famoso anche “fuori dalle mura” della Capitale. Abbiamo deciso d’intraprendere un percorso insieme. Di affrontare alcune tematiche interessanti per i diportisti e di volta in volta cercheremo di capire quali siano le principali cause che producono determinati effetti. Come primo argomento abbiamo appunto scelto l’impianto elettrico, in quanto troppo spesso, come mi diceva Marco, si rivolgono a lui quando la situazione è già grave. Vediamo insieme cosa riscontra principalmente….
Allora, iniziamo subito dalle batterie, gli accumulatori di energia elettrica di bordo. Marco, spieghi ai nostri lettori quali sono le principali problematiche che riscontri su questi apparati durante i tuoi interventi a bordo?
“Diciamo subito che spesso le batterie si presentano male a vista, con morsetti arrugginiti, cavi mal conservati, batterie non protette dalle apposite scatole. I cavi, spesso e volentieri sono talmente vecchi e consumati che si sfaldano sotto le mani Ora avere cavi di corrente in determinate condizioni di usura comporta in primis dei cali di tensione importanti, con strumenti in plancia che si riavviano, pompe che non lavorano a pieno regime, motori che stentano a partire. Nel 90% dei casi il problema è da imputare a quello che noi chiamiamo “impianto di potenza”. Quando mi chiamano per problemi a bordo, la prima cosa che propongo al cliente è appunto di sistemare l’impianto: smontiamo le batterie, le rigeneriamo portando le batterie ad uno stato di carica adeguata. Perché, è bene sapere che quando le batterie sono veramente in cattive condizioni, neppure si ricaricano come dovrebbero. La caduta di tensione ce l’abbiamo infatti dalla batteria verso il carico, ma anche dal caricabatteria verso la batteria. Ad esempio sto caricando 14 V ma alla batteria ne arrivano 12,5 V, è palese che non si caricherà mai al 100%. Rigenerata la batteria verifichiamo poi il cosiddetto ‘float’ ossia il grado di mantenimento della carica e poi iniziamo a controllare anche lo staccabatterie, il motorino di avviamento, le morsettiere dietro il quadro in console ed infine le masse, che sono fondamentali. Qualsiasi corrente galvanica o vagante va infatti a drenare sull’impianto di massa e se questo non è fatto correttamente, con fili di diametro corretto e materiali adeguati oltre che ben connessi, o se l’impianto di massa non scarica sullo zinco, tutte queste correnti galvaniche vanno ad usurare le parti metalliche. E non è detto che questo problema si possa riscontrare solo su scafi ‘datati’, bensì anche su barche di 2-3 anni se l’impianto non è fatto ad hoc. Un’altra problematica abbastanza consueta che troviamo è una massa di cablaggi sui poli. E’ sbagliatissimo sia per un problema di tenuta meccanica che di resistenza elettrica. Noi usiamo i cosiddetti ‘nodi’, partendo dalla batteria con un cavo di sezione importante, poi andiamo sul nodo che nasce per fare questo lavoro e per distribuire la corrente e ripartiamo con i vari cavi”.
E passiamo ora alle morsettiere. Quando invece smontate un pannello in console cosa trovate solitamente di anomalo?
“Beh, anche qui i problemi sono tanti. Ad esempio un impianto fatto bene presenta cavi di un certo tipo, tutti stagnati, i fastom sono grimpati bene, usando pinze adatte. Se si usa una pinza non adatta, questa non chiude bene (grimpa) i connettori. I fili tendono così a non fare bene contatto, il rame esce dai morsetti, con rischio di creare delle scintille che possono degenerare in un incendio a bordo, in un’esplosione. I fili si anneriscono, si ossidano. Se ad esempio si decide di un usare un cavo di un determinato diametro è perché esiste una regola empirica che tiene conto di quanta corrente possa passare in un millimetro di rame. Si fanno i calcoli adeguati in base a ciò che andrà collegato e si sceglie il cavo adatto. Ad esempio, un cavo da 6mm può portare fino a 24 A di carico nominali. Se si deve alimentare una pompa che richiede ad esempio 20 A e si usa un cavo da 6mm ed un fastom inadeguato, oppure il cavo si ossida, si avrà certamente una perdita di potenza che, a quel punto non sarà in grado di alimentare la pompa anche se, nominalmente, sembrerebbe di si. Ricordate che ‘corrente’ e ‘tensione’ sono inversamente proporzionali. Quando viene a mancare la corrente si verifica un innalzamento della tensione che provoca un innalzamento della temperatura su tutti i cavi, dando vita ad un effetto domino di cui si perde il controllo. E l’aumento di calore può danneggiare componenti ed apparecchiature studiate per lavorare ad una determinata temperatura. Di conseguenza possono spegnersi dei led, saltare i condensatori. Nel 90% dei casi quando smontiamo un apparato per portarlo al banco e rileviamo che ci sono parti dissaldate, andiamo subito a controllare l’impianto di bordo per capire in che stato si trova. Anche i cavi vanno in misura adeguata. Cavi sovradimensionati garantiscono sempre un maggior passaggio di corrente, mentre i cavi troppo esili sono sempre a rischio. Infine noi sulle morsettiere finite e provate spruzziamo delle lacche protettive facili da asportare, e poi del grasso marino”.
Ma secondo te, la creazione di un impianto con fili di colore differente o addirittura con una numerazione dedicata, quanto è importante?
“In particolare la numerazione, che ci consente di creare uno schema dell’impianto cui un domani si può rimettere mano facilmente. Per noi ad esempio ogni colore corrisponde ad un numero, quindi qualsiasi schema di impianti da noi effettuati ripropone gli stessi numeri e gli stessi colori. Capisci da te che in caso d’intervento, tutto diventa più facile… Considera che io tutti gli impianti fatti dal 2008 ad oggi li ho archiviati in un Cloud. Poi non dimentichiamo l’ordine a bordo dei cavi. D’altronde come si dice… ‘anche l’occhio vuole la sua parte’…
Come interruttori usiamo i Curling Switch, che sono solidi e longevi. Ne esistono anche tipi più commerciali ed economici, che somigliano agli originali, ma che hanno una durata decisamente più breve. Quelli originali mi è capitato di smontarli dopo 15 anni di uso ed ancora erano in ottimo stato e funzionanti. Un’altra problematica che i ‘non originali’ possono manifestare, oltre alla durata, è anche il non mantenimento delle caratteristiche che promettono. Ad esempio se un interruttore originale può portare 15 A, un “compatibile” può portarne in effetti 7 – 8 A; quindi al lato pratico non è in grado di gestire le stesse cose allo stesso modo.”
Ma voi nelle vostre manutenzioni rivisitate anche i pannelli, la sistemazione degli strumenti e varie?
“Si, cerchiamo sempre di armonizzare l’impianto anche in console, magari raggruppando interruttori, posizionandoli nei punti meglio visibili, e via discorrendo. Alcuni tipi di pannelli, anche in ‘stile carbonio’ li facciamo direttamente noi in laboratorio, mentre quelli più grandi ce li facciamo fare da un’apposita società. Li personalizziamo anche a livello di grafia, di marchi e simboli. Io faccio il progetto, i disegni e poi li mando a stampare e personalizzare in sublimazione; non si tratta di una pellicola e quindi il lavoro è duraturo nel tempo. Altrettanta importanza la diamo all’impianto del cruscotto, sempre mettendo in ordine i cablaggi, fascettandoli, lasciando sempre tutto in ordine. Un impianto in ordine, ricordate, permette di risolvere un problema praticamente nell’immediato. Altra cosa è poi ‘usare accessori nati per impiego nautico’. Usare ad esempio altoparlanti nati per le auto in barca, prima o poi darà sicuramente problemi di ossidazione e di ruggine visto che possono avere parti in ferro”.
Cosa vogliamo ancora aggiungere su questo interessantissimo argomento?
“Molti non sanno ad esempio che tutti i cablaggi che passano in sala macchine devono essere resistenti ad olio e benzina, oltre che resistere ad alte temperature. Spesso ciò non avviene perché non esiste una vera e propria regolamentazione in materia, in particolare per i servizi, in cui la normativa è a cavallo tra l’industriale e l’automotive, e quindi molto poco trasparente. In ogni caso in questi ambienti si devono usare scatole antidetonanti per le batterie, cavi resistenti a oli e combustibili. Noi inoltre usiamo solo cavi stagnati, quelli bianchi, al posto di quelli rossi che sono ad uso civile, non adatti a lavorare in ambienti ostili”.
Bene, per questo primo appuntamento è tutto, ma presto ci ritroveremo qui, sempre con Marco di ElectroWave, per scoprire altri segreti ed imparare nuove cose…
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