Siamo giunti alla seconda puntata di pesca a light drifting dedicata alla palamita. Nel primo articolo che abbiamo pubblicato su fishingboatmagazine.it, abbiamo parlato della pesca alla palamita con l’uso del galleggiante, mentre in questo secondo episodio parleremo sempre della pesca alla palamita, utilizzando però solo due ami e un piccolo piombo là dove servisse
• Gian Luca Magri
La palamita atto secondo
E’ nostro intento svelare uno dei più grandi segreti del light drifting e credetemi, non è per caso che abbiamo intitolato questo articolo specifico “Il segreto sta nella bobina”…
Partiamo da valle e saliamo per gradini. Qualche annetto fa abbiamo osservato durante innumerevoli battute e altrettante ore passate ancorati su una secca, l’importanza ricoperta in questa tecnica dalla pastura e, ancor di più, l’importanza che ha la nostra esca nell’orbitare là dove la nostra pastura va’. Come è normale che sia, il light è particolarmente “produttivo” proprio per questo scopo. Spesso, abbiamo constatato, specialmente in presenza di una buona corrente, la tendenza della nostra esca a “salire”, allontanandosi dalla “strisciata”.
Anche se piombavamo la nostra esca difficilmente trovavamo un equilibrio sostanzialmente continuo e stabile. Ogni qualvolta la corrente aumentava o diminuiva, dovevamo ritarare continuamente il tutto, con conseguente margine di errore a dir poco spaventoso.
E allora come fare, come colmare questa lacuna? Sapevamo dai vari segnali che ci pervenivano di una buona presenza di pesci, ma non avevamo quella continuità, quella costanza di ferrate che ci desse la tranquillità sul corretto utilizzo della tecnica. Da qui, e scriverlo ora ci dà un senso di soddisfazione, il colpo di genio. Ed in effetti lo è stato. Abbiamo osservato durante una battuta di pesca che, il primo ad opporsi alla corrente, subendone maggiormente gli influssi negativi, è stato il trave, ovvero il monofilo che abbiamo utilizzato per imbobinare il nostro mulinello. Il trave subisce la corrente e ne riceve una spinta verso l’alto e, visto che la nostra tecnica avviene esclusivamente con la bobina aperta, maggiore è la quantità di monofilo fuoriuscito, minore è la profondità raggiunta, logicamente con le debite proporzioni. Da qui il cambio totale, e consentiteci il termine, radicale di strategia. Per prova abbiamo imbobinato un monofilo di diametro dello 0,22 mm anche se montavamo un finale dello 0,20 mm appositamente rinforzato, in quanto stavamo pescando palamite. La pastura era già in “pelle” e stava lavorando esclusivamente per noi.
Fino ad un certo punto pochissimi combattimenti e, tra l’altro, ad intervalli enormi l’uno dall’altro, quasi a scoraggiarci. Dal preciso istante in cui abbiamo calato la nostra canna di “prova” con la nuova montatura, con nostra grande, grandissima soddisfazione, abbiamo triplicato le ferrate. In quel preciso momento storico abbiamo avuto dentro di noi la sensazione reale e precisa, che stavamo pescando in pastura, ossia che la nostra esca stava scorrendo insieme alla pastura nel profondo blu. Il trave sottile taglia la corrente come un rasoio, creando poco attrito, quindi poco “coinvolgimento”. Unico dubbio che avevamo era quello sul trave più sottile rispetto al monofilo utilizzato come finale.
Dopo mesi di test sul campo, abbiamo però notato con piacere che mai, neppure una volta, lo avevamo “rotto”. Unico fastidioso inconveniente riscontrato è stato quello che, dando vita a combattimenti con pesci di dimensioni importanti, che possono tranquillamente variare tra i 3 e i 6 kg, si snervava paurosamente il monofilo, che iniziava a creare quelle fastidiose “farfalle” che ci inducevano ad imbobinare alle volte a ritmo giornaliero. E con quello che costa un buon monofilo non è di sicuro un particolare da tralasciare. Ci siamo così impegnati nella ricerca di un monofilo in grado di supportare grandi sforzi senza creare effetti memoria. Il multifibre non poteva essere preso in considerazione in quanto troppo rigido e poco “scorrevole”. Dopo vari test effettuati con molteplici tipologie di fili, abbiamo individuato un filo che si è dimostrato ottimo, in particolare si tratta di un matrice piena, discretamente “duro”, senza trascinamenti di memoria, per meglio capirci: quei monofili come diciamo noi toscanacci “da du soldi e una lira”. Tipologicamente il nostro monofilo dovrà avere le caratteristiche sopra citate. Consigliamo a tal proposito di non scendere sotto lo 0,25 mm. (diametro questo che si è dimostrato in tutto e per tutto il più affidabile). In questo modo finalmente oggi riusciamo a pescare sicuri di essere in pastura, sfruttando appieno l’altissimo potenziale che la pastura ci offre, in special modo su pesci di mezz’acqua come Palamite e Lampughe. E’ bene sottolineare l’importanza che ricopre il nostro trave nella pesca a light drifting pescando a mezz’acqua a scorrere. Inoltre, con questa tecnica, è importante utilizzare canne non rigidissime da 4/5 mt, in modo da poter aiutare e non stressare ulteriormente l’esile monofilo. Per poter ben sviluppare questa tecnica occorrono piccole ma vitali regole, il cui rispetto deve essere tassativo e obbligatorio. Quella dell’utilizzo di monofili sottili nella pesca a mezz’acqua entra di diritto tra esse, ricoprendo sin da subito un ruolo di fondamentale importanza. Raccomandiamo anche un’altra piccola operazione da effettuare e da inserire nel nostro manuale di manutenzione ordinaria del mulinello, ovvero, quella di ungere ed accertarsi del perfetto funzionamento, dello scorrifilo posto sull’archetto del mulinello. Un suo malfunzionamento può compromettere in maniera irreparabile il nostro trave. Nella speranza di aver aiutato i nostri amici lettori di fishingboatmagazine.it, cercheremo in successivi episodi di mettere a nudo altre tecniche ideali per insidiare i nostri pelagici amici.